Il Monachesimo, luogo di solidarietà
Abbiamo strutturato l’argomento in due lezioni. Nella prima presenteremo il Monachesimo quale luogo di solidarietà, nella lezione successiva mostreremo un video sui luoghi di San Benedetto.
Prima ci soffermiamo a riflettere con i ragazzi sul tema della beneficenza e della solidarietà.
Beneficenza e solidarietà
Possiamo riassumere le definizioni più comuni che troviamo sui vocabolari nel seguente modo:
Beneficenza: disposizione abituale a fare del bene a persone bisognose attraverso prestazioni gratuite o semi-gratuite di beni e servizi.
Solidarietà: l’essere solidale con altri, il condividerne le idee, i propositi e le responsabilità, perciò può essere considerata come il sentimento di fratellanza e mutuo sostegno di chi è consapevole di essere parte di una comunità e vuole costruire legami di condivisione con i membri di quest’ultima.
In tal senso la solidarietà ci apre alla speranza che non tutti i rapporti tra le persone siano regolati da logiche di profitto, ma che sia ancora possibile parlare di fraternità, di persona titolare di diritti inalienabili.
Nei momenti di particolare difficoltà economica e sociale si sente particolarmente il valore della solidarietà e della fratellanza.
Che dire allora delle polemiche tormentone e tormentose, apparse di recente sui social e sui mezzi di comunicazione, riguardo all’annuncio di Chiara Ferragni di devolvere il suo compenso per la partecipazione al Festival di Sanremo alla lotta contro la violenza sulle donne? Iniziativa che si aggiunge ad altre, annunciate anche queste sui social; per es. durante il periodo del Covid, con il suo compagno Fedez, donò una somma di denaro per l’apertura di un nuovo reparto di terapia intensiva all’ospedale san Raffaele di Milano, gesto che valse loro il premio Ambrogino d’oro, oltreché un sempre rinnovato ed economicamente vantaggioso clamore mediatico.
Solidarietà nei testi sacri e nella Costituzione
Ognuno avrà il suo pensiero al riguardo e lungi da noi inserirci nella polemica tout court, ma abbiamo ritenuto utile citare il caso per mostrare l’attualità, oltreché la necessità di una riflessione, nella nostra epoca come nel passato, sul tema della beneficenza e della solidarietà
Del resto, solo per citare alcuni esempi, non soltanto la Bibbia ci mostra la solidarietà, o meglio il farsi vicino di Dio verso l’uomo e dell’uomo verso i suoi simili e il Corano ripetutamente parla di solidarietà e carità, ma anche negli ordinamenti giuridici se ne parla, in particolare la nostra Costituzione recita all’art. 2:
“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”
La Tappa della Storia della Chiesa
Il monachesimo è un esempio di come la Chiesa nel corso della storia, si sia fatta vicina all’uomo praticando la solidarietà, la fratellanza e dunque la beneficenza, in quel fondamentale nascondimento che poi ha germogliato consegnandoci frutti meravigliosi.
Quando terminarono le persecuzioni e con gli editti di Costantino e Teodosio, nel IV secolo, il cristianesimo aveva conquistato dei privilegi che rischiava di indebolire lo spirito delle prime comunità cristiane. Per questo motivo alcuni sentirono il bisogno di seguire l’esempio di Cristo andando a vivere in luoghi solitari.
Monachesimo orientale
Quando non si poteva più perdere la vita per Cristo con il martirio, una morte violenta, alcuni cristiani, già nel III secolo in Egitto, scelsero di mettere in pratica il messaggio di Gesù dedicando la loro vita alla preghiera e distaccandosi dal mondo, vivendo in silenzio e solitudine.
Per questo furono chiamati monaci – dal greco monos, uno, solo – o eremiti, dal greco eremos, deserto. La prima forma di monachesimo fu quindi di tipo eremitico.
Fra questi ricordiamo Antonio (251-356) che abbandonò tutti i suoi averi per vivere nella regione desertica vicino a Tebe. La sua vita è stata votata alla solitudine per dedicarsi alla preghiera. Lui attirava decine di fedeli, che accorrevano per farsi guarire da alcune malattie, era un taumaturgo.
Nel 320 d.C. un altro eremita, Pacomio, convinto che la vita cristiana fosse soprattutto comunitaria, fondò il primo cenobio, il primo monastero dove i monaci vivevano insieme, pregando, studiando la Bibbia e dedicandosi al lavoro. Di conseguenza, la forma cenobitica o comunitaria del monachesimo si sviluppò solo successivamente, rispetto alla forma eremitica.
Lui fu il primo a dare una regola ai suoi monaci, professando i voti di povertà, obbedienza e castità.
Questo modello di monachesimo si diffuse progressivamente oltre che in Oriente, anche in Occidente.
Tra le forme ascetiche più estreme, vi erano coloro che sceglievano di aderire e partecipare alle sofferenze di Cristo salendo su un albero (dendriti) o altre su una grande pietra o su una colonna (stiliti). Alberi e pilastri che indicavano il distacco dell’asceta dal mondo
Oltre ad Antonio abate e Pacomio, ricordiamo anche Basilio Magno e Gregorio di Nazianzo.
Benedetto da Norcia
Chi diede un’impronta particolare al monachesimo in Occidente fu Benedetto, nato a Norcia nel 480 e morto a Montecassino nel 547, fondatore della comunità di monaci che dal suo nome presero il nome di benedettini.
Dopo aver vissuto all’interno di una grotta inaccessibile, il Sacro Speco, a Subiaco, si trasferì a nel sud del Lazio, dove a Montecassino fondò nel 528 il primo monastero. Qui il monachesimo divenne luogo di solidarietà.
Scrisse per i suoi monaci la Regola, che prescrive povertà, obbedienza, castità e un fortissimo impegno di preghiera e di lavoro, secondo il motto Ora et labora, “Prega e lavora”. Insegnò così che lavorare significa collaborare con Dio creatore e contribuire alla costruzione di un mondo migliore e che il lavoro con la preghiera avvicina l’uomo a Dio facendogli scoprire il senso della vita.
In un’epoca di violenze e saccheggi che caratterizzava quei tempi, i monasteri costituirono dei luoghi sicuri, di ordine e solidarietà, in cui tutti potevano trovare un aiuto materiale e spirituale. I monaci offrivano asilo a coloro che erano nel bisogno, insegnavano a lavorare la terra, a disboscare, a coltivare i campi e fare attività artigianali, istruivano i giovani e curavano i malati.
L’apporto culturale
Nel monastero c’erano una biblioteca e un laboratorio di scrittura, detto scriptorium.
Se oggi conosciamo gran parte della storia e della cultura greca e latina lo dobbiamo soprattutto al paziente silenzioso lavoro dei monaci, chiamati amanuensi, che per secoli hanno ricopiato a mano e conservato i grandi libri dell’antichità. Alcuni di questi impreziosivano quelle pagine con le miniature, le decorazioni di un manoscritto; miniare, che vuol dire «scrivere in rosso le lettere iniziali di una pagina», deriva dal termine minium, come i romani chiamavano il pigmento rosso-arancio usato per delineare queste iniziali.
I monasteri
Secondo la Regola, a capo del monastero c’è l’abate (dal greco abbà, padre), per questo i monasteri benedettini vengono detti anche abbazie.
In Europa i monasteri benedettini, oltre che essere luoghi di preghiera, erano centri attivi sia da un punto di vista economico, sia da un punto di vista sociale.
Ogni monastero era dotato di una foresteria, ovvero di camere per ospitare pellegrini e viandanti, di una erboristeria dove preparare medicinali e di una infermeria, un luogo in cui ci si prendeva cura dei malati.
La Regola, composta a Montecassino, tiene conto dei bisogni di chi è giovane o è malato, di chi è più fragile psicologicamente e del variare del clima.
I monasteri benedettini si diffusero in tutta Europa fino alla lontana Irlanda, evangelizzando nel nome di Cristo quei popoli che all’epoca erano considerati barbari.
Per questa ragione San Benedetto è stato proclamato patrono d’Europa insieme ai Santi Cirillo e Metodio, i quali portarono il messaggio di Cristo ai popoli dell’Europa orientale.
Al termine i ragazzi possono giocare al Kahoot!