Dagli ordini mendicanti alle riforme religiose
Fin dal Medioevo, la crisi della Chiesa e il desiderio di un ritorno alla purezza evangelica alimentarono eresie, movimenti di riforma e nuovi ordini religiosi. Mentre alcuni gruppi vennero condannati come eretici, altri, come francescani e domenicani, operarono dall’interno per rinnovare la fede. Questo lungo processo sfociò infine nella Riforma protestante, che cambiò per sempre il volto del cristianesimo.
Possiamo mostrare ai ragazzi un breve video che riassume l’argomento.

Ordini mendicanti
Tra il XII e il XIII secolo, la Chiesa cattolica appariva sempre più lontana dallo spirito originario del Vangelo di Cristo. Il crescente accumulo di ricchezze, il potere temporale e la corruzione del clero provocarono un profondo malessere spirituale, che diede origine a numerosi movimenti religiosi ispirati a ideali di povertà, penitenza e rinnovamento evangelico. Alcuni di questi gruppi restarono entro i confini dell’ortodossia, altri invece si collocarono al di fuori, dando origine a vere e proprie eresie.
Nascono così i movimenti pauperistici, espressione del desiderio di un ritorno alla semplicità del messaggio cristiano. In questo contesto, si affermano gli ordini mendicanti, come francescani e domenicani, che scelsero di operare all’interno della Chiesa, contribuendo al suo rinnovamento attraverso la predicazione, l’impegno tra i fedeli e una vita di povertà evangelica. A differenza dei monaci tradizionali, non si ritiravano in conventi isolati, ma vivevano tra la gente, nei centri urbani in espansione.
Tuttavia, non tutti i movimenti furono accolti con favore. Alcuni, come i catari e i valdesi, furono considerati eretici. I catari, diffusi soprattutto nel sud della Francia, sostenevano una visione dualistica dell’esistenza: lo spirito, puro e divino, era opposto alla materia, considerata opera del male. Rifiutavano i sacramenti, la gerarchia ecclesiastica e i beni materiali. I valdesi, fondati da Pietro Valdo, predicavano la povertà, la lettura personale delle Scritture e la predicazione da parte dei laici, senza l’approvazione ecclesiastica.
Consapevole della forza e del fascino che questi movimenti esercitavano, papa Innocenzo III tentò di distinguere tra i fermenti positivi e le derive ereticali. Da un lato, incoraggiò la lotta contro le eresie, istituendo l’Inquisizione, dall’altro sostenne la nascita di nuovi ordini religiosi capaci di intercettare le istanze di riforma senza rompere con la Chiesa.
Gli Ordini mendicanti
Nel cuore del XIII secolo, due figure carismatiche diedero vita a ordini destinati a un’enorme influenza spirituale e culturale: San Francesco d’Assisi, fondatore dei frati minori (francescani), e San Domenico di Guzmán, fondatore dei frati predicatori (domenicani).
I francescani si distinguevano per uno stile di vita radicale, ispirato alla povertà evangelica, al servizio verso gli ultimi e alla fraternità universale. La predicazione si basava più sull’esempio che sulle parole. Francesco stesso scrisse uno dei primi testi poetici in volgare italiano: il Cantico delle creature, inno alla bellezza del Creato come riflesso della bontà divina.
I domenicani, invece, puntavano sull’approfondimento teologico e su una predicazione solida e ortodossa, mirata a contrastare le eresie. La loro presenza fu particolarmente forte nelle Università, dove formarono alcuni tra i più grandi teologi medievali, come Tommaso d’Aquino.
La crisi della Chiesa
Nel corso del XIV secolo, la Chiesa attraversò una profonda crisi. Alla corruzione interna si aggiunsero eventi destabilizzanti: papa Celestino V, eletto nel 1294 come figura di rinnovamento spirituale, rinunciò presto al pontificato per inadeguatezza. Gli succedette Bonifacio VIII, protagonista del primo Giubileo (1300), ma anche di forti tensioni con le monarchie europee, culminate nell’episodio dello schiaffo di Anagni.
Nel 1309, papa Clemente V, per motivi politici e su pressione della monarchia francese, trasferì la sede del papato da Roma alla città di Avignone, in territorio francese. Questo evento segnò l’inizio della cosiddetta cattività avignonese (1309-1377), un periodo durante il quale sette papi successero l’uno all’altro vivendo ad Avignone, sotto l’influenza diretta dei re di Francia. Tale situazione indebolì l’autorità universale del papato e alimentò il malcontento in molte parti d’Europa.
Il Grande Scisma
Nel 1377, papa Gregorio XI, spinto anche dalle pressioni di figure carismatiche come Caterina da Siena, decise di riportare la sede papale a Roma, ponendo fine alla cattività avignonese. Tuttavia, alla sua morte, nel 1378, si verificò un evento senza precedenti: i cardinali, riuniti a Roma sotto la pressione del popolo, elessero un papa italiano, Urbano VI. Tuttavia, poco dopo, una parte del collegio cardinalizio, contestando la validità dell’elezione, elesse un secondo pontefice, Clemente VII, che stabilì nuovamente la sua sede ad Avignone. Questo episodio segnò l’inizio del Grande Scisma d’Occidente (1378-1417), con due papi in competizione, ciascuno sostenuto da diverse potenze europee.
Nel tentativo di porre fine allo scisma, nel Concilio di Pisa del 1409 si decise di deporre entrambi i papi e di eleggerne un terzo, Alessandro V. Tuttavia, né Urbano VI né Clemente VII (e poi i loro successori) riconobbero la validità del concilio, aggravando ulteriormente la crisi: per alcuni anni la Chiesa si trovò addirittura con tre papi.
Fu solo con il Concilio di Costanza (1414-1418), convocato con il decisivo sostegno dell’imperatore Sigismondo di Lussemburgo, che si riuscì finalmente a risolvere il caos. I tre contendenti vennero deposti o si dimisero, e nel 1417 fu eletto un nuovo pontefice universalmente riconosciuto: Martino V, che riportò stabilmente la sede papale a Roma, ristabilendo l’unità della Chiesa cattolica.
La Riforma protestante
Nel XVI secolo, le tensioni accumulate per secoli all’interno della Chiesa cattolica esplosero in un vasto movimento di contestazione e rinnovamento noto come Riforma protestante. Il momento simbolico che ne segna l’inizio è il 31 ottobre 1517, quando Martin Lutero, monaco agostiniano e docente di teologia a Wittenberg, affisse alla porta della chiesa del castello le sue 95 tesi. In esse denunciava con forza la vendita delle indulgenze, una pratica che prometteva la remissione dei peccati in cambio di denaro, spesso usata per finanziare le opere del clero e della Curia romana.
Ma la protesta di Lutero andava oltre la semplice critica agli abusi: egli proponeva un radicale rinnovamento del cristianesimo, fondato su alcuni principi fondamentali:
- Sola fide: la salvezza si ottiene solo attraverso la fede, non grazie alle opere o ai meriti accumulati.
- Sola gratia: la salvezza è un dono gratuito della grazia divina, non può essere guadagnata o comprata.
- Sola Scriptura: solo la Bibbia è la fonte autentica della verità cristiana, non le tradizioni ecclesiastiche o l’autorità del papa.
Lutero rifiutava l’autorità papale, considerava il sacerdozio universale (ogni credente ha un rapporto diretto con Dio), ridusse i sacramenti da sette a due (battesimo ed eucaristia) e tradusse la Bibbia in tedesco, affinché tutti potessero leggerla e interpretarla personalmente.
La reazione della Chiesa fu dura: papa Leone X lo scomunicò nel 1521, e nello stesso anno l’imperatore Carlo V lo convocò alla Dieta di Worms, dove gli fu chiesto di ritrattare. Al suo rifiuto, Lutero fu dichiarato fuorilegge, ma riuscì a sfuggire alla cattura grazie alla protezione del principe Federico di Sassonia.
Zwingli, Calvino ed Enrico VIII
Accanto a Lutero, anche altri riformatori promossero visioni religiose autonome. Ulrich Zwingli, attivo a Zurigo, abolì le immagini sacre dalle chiese e interpretò la comunione solo come un simbolo della presenza di Cristo. A Ginevra, Giovanni Calvino formulò una teologia rigorosa, basata sulla dottrina della predestinazione e sull’etica del lavoro: il successo economico era visto come un segno del favore divino. Anche Calvino negava la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, ritenendola un semplice memoriale.
In Inghilterra, la Riforma assunse un carattere politico oltre che religioso. Il re Enrico VIII desiderava divorziare dalla moglie Caterina d’Aragona, che non gli aveva dato un erede maschio (era nata solo la figlia Maria). Temendo una crisi dinastica, Enrico chiese al papa l’annullamento del matrimonio, sostenendo che fosse invalido in quanto Caterina era stata in precedenza moglie di suo fratello. Di fronte al rifiuto del papa Clemente VII, Enrico reagì proclamandosi capo supremo della Chiesa d’Inghilterra con il celebre Atto di Supremazia del 1534.
Questa decisione segnò la separazione definitiva dell’Inghilterra da Roma. La nuova Chiesa anglicana, inizialmente simile a quella cattolica, si avvicinò progressivamente al protestantesimo. Nei secoli successivi, avrebbe continuato ad evolversi, fino a introdurre significative riforme, come la possibilità per le donne di diventare sacerdoti e vescovi (dal 1992).
Al termine i ragazzi possono testare la conoscenza di quanto spiegato giocando a: