La solitudine. La tecnologia al servizio dell’uomo? Gli Hikikomori.
Solitudine non è solo isolarsi o incapacità di stare con gli altri.
Intorno a noi vediamo diversi tipi di solitudine, come quella di chi conosce tanta gente, ma non ha nessuno con cui condividere i propri pensieri, le proprie emozioni più profonde.
A volte si pensa di non essere soli perché si passano diverse ore (anche 4) davanti ai social e proprio per questo si corre il rischio d’isolarsi e preferire rapporti virtuali rispetto a quelli reali.
Nonostante tutto ci sono momenti in cui vogliamo stare soli per pensare, per stare in pace, per prenderci una “pausa”. Parliamo quasi di una ricerca di solitudine.
A tal proposito, pensiamo a Gesù, tutte le volte che cerca di stare un po’ solo per pregare si rifugia su un monte, un luogo solitario dove trovare la quiete di cui ha bisogno.
Nella frenesia della vita contemporanea colpisce la scelta di vita dei monaci (dal greco monos: solo) oppure delle suore di clausura.
Le solitudini amare
C’è poi una solitudine triste perché imposta, una solitudine che nasce dall’abbandono.
Pensiamo agli anziani, ai poveri, ma anche a Gesù, alla solitudine provata di fronte al rifiuto, all’incomprensione delle persone del suo tempo, compresa quella dei suoi discepoli che arrivano ad abbandonarlo nel momento più difficile della sua esistenza terrena.
Pensiamo alla solitudine vissuta nel Getsemani, lì Gesù ha chiesto sostegno ai discepoli e loro si sono addormentati, eppure è nella solitudine e nella tristezza, anzi nell’angoscia vissuta in quel momento che egli mostra intensamente, profondamente tutta la sua umanità, ma anche la profondità e l’intensità del suo rapporto con Dio.
Gesù nella solitudine ha cercato la volontà di Dio per Lui, ha lottato contro le tentazioni, ha accettato la croce, ha perdonato i nemici.
La solitudine per Gesù è stata fondamentale perché essa è divenuta luogo della presenza di Dio, l’Abbà, che significa papà in ebraico.
Anche per noi la solitudine cercata può essere un momento in cui trovare noi stessi, la direzione da seguire.
Potremmo individuare delle tipologie di solitudini. Una potrebbe essere definita obbligata: riguarda coloro che sono costretti all’isolamento; un’altra tipologia di solitudine la potremmo definire inconsapevole: quando crediamo di avere molti amici, ma solo sui social; un altro tipo potrebbe essere una solitudine necessaria: quella che è indispensabile per pensare o per studiare; una solitudine amara: che nasce dall’abbandono.
Gli Hikikomori.
C’è una nuova tipologia di solitudine che chiameremmo volontaria, quella che dà preferenza ai rapporti virtuali rispetto a quelli reali. Sono gli “Hikikomori” è un termine giapponese che significa letteralmente “stare in disparte” viene usato per riferirsi a chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria abitazione, senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta nemmeno con i propri genitori.
Mostriamo un filmato per far conoscere ai ragazzi questo fenomeno.
Di seguito inseriamo alcune informazioni sul fenomeno.
“Hikikomori” è un termine giapponese che significa letteralmente “stare in disparte”.
È un fenomeno che riguarda soprattutto i giovani dai 14 ai 30 anni, principalmente maschi (tra il 70% e il 90%), anche se il numero delle ragazze isolate potrebbe essere sottostimato dai sondaggi.
In Italia l’attenzione nei confronti del fenomeno sta aumentando. L’hikikomori è un disagio sociale che riguarda tutti i paesi economicamente sviluppati del mondo.
È un ritiro dalla società e dalle relazioni interpersonali, significa mettersi in disparte in un isolamento totale in cui è possibile concedersi solo l’uso di internet. Nella solitudine della propria stanza, l’interazione con il mondo esterno è molto attiva, ma avviene solo virtualmente.
Le cause possono essere diverse:
- caratteriali: gli hikikomori sono intelligenti, ma anche particolarmente sensibili e inibiti socialmente. Hanno difficoltà a instaurare relazioni soddisfacenti e durature;
- familiari: i genitori faticano a relazionarsi con il figlio che spesso rifiuta qualsiasi tipo di aiuto
- scolastiche: il rifiuto della scuola è uno dei primi campanelli d’allarme. L’ambiente scolastico viene vissuto in modo negativo. Molte volte dietro l’isolamento si nasconde una storia di bullismo;
- sociali: gli hikikomori sviluppano una visione molto negativa della società e cercano di fuggire dalle pressioni di realizzazione sociale, dalle quali cercano in tutti i modi di fuggire.
Tutto questo porta a una crescente difficoltà e demotivazione del soggetto nel confrontarsi con la vita sociale, fino a un vero e proprio rifiuto della stessa.
La dipendenza da internet rappresenta una possibile conseguenza dell’isolamento, non una causa.
Conversazione guidata
Prima di condividere con i ragazzi alcune riflessioni, mostriamo un filmato con le interviste a due ragazzi hikikomori.
Proponiamo ai ragazzi di condividere le loro sensazioni e riflessioni su questo fenomeno. Potremmo aiutarci con le seguenti domande.
Ti capita di sentire il bisogno di stare da solo?
Se sì, perché?
Di quale solitudine hai fatto esperienza?
Cosa pensi dei ragazzi che soffrono di questo disturbo?
L’immagine in evidenza: “Connessioni” di Antonella Catini. Si ringrazia l’artista per la gentile concessione dell’utilizzo dell’opera.
Buonasera, questo percorso è adatto a ragazzi di seconda media secondo voi?
Il tema della solitudine è forse è più indicato in terza… noi lo trattiamo in quella classe 😉